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Se non le donne…

Vecchie storie. Storie da donne. …. Che se nessuno lo fa  …lo faremo noi. Ma con una serie di impliciti: siamo noi alla fine sempre quelle che si sacrificano, che sanno davvero fare funzionare le cose, che arrivano nell’emergenza. Che anche qui ce ne sarebbe da scrivere, delle derive del potere attivo o passivo, di maternità, femminilità, e passività, di comodità e non assunzioni di responsabilità. Reciproche, di donne e di uomini.

Ma se arrivassimo prima e insieme, se la parità smettessimo di leggerla sulle riviste per donne, o la rivendicassimo e basta con una serie di “mi piace” e  …..cominciassimo a coglierla, laddove essa c’è? Non solo. Se ci diciamo che la prassi, e’ ciò che è, e’ ciò che accade, ciò che è innovativo, diverso, emergente. Certo una cosa così semplice non ci renderà le eroine che salvano il mondo, saremo “solo” la massa critica che innesca il cambiamento.

Perciò si scava, in ciò che c’è, si sa e si conosce,e che spesso non si riconosce come qualità, se è banale non è qualità. Perciò oggi: nessun onore, nessun palco, nessuna home page, ma si va spulciare nel banale, ‘che alle volte il banale dice molto di più della home page di un giornale on line. Alle volte il banale cela in ciò che già facciamo e che non vediamo.

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opportuno, importuno (c’è la crisi)

Sarà che a me la crisi, così confezionataci dal governo Monti, mi convince: non è più lo spauracchio ridanciano e ridicolizzato, che ci hanno propinato. Non è nemmeno l’ecatombe che altri paventano .. ‘che mi pare che quello che accade in molti posti del mondo infintamente più affamati e panzuti del nostro sia davvero peggio. Di mio, rendo onore al coraggio di dire chiaramente, e dare prospettive e forma alla crisi. Comprese le ricette imperfette che non sanzionano a sufficienza chi ha troppo e di più, chi ha depositato altrove il conquibus per non pagare le tasse.

Andare in pensione a 65 anni, ma và: lo dite ad una anziana precaria nativa come me? Io la pensione non la vedrò mai. Eppure sono sempre consapevole di vivere nella parte più comoda del mondo. Ci sarà da stringer la cinghia. Ma neppure questo mi stupisce. Faremo più fatica. Che strano, me ne ero accorta! Continua a leggere


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C’è rete e rete e rete

UNO
DUE
TRE

Sabato scorso ero ad una riunione per la formazione di una rete di comitati, così ho potuto osservare lo snodarsi di una serie di concetti di rete, che mi hanno incuriosito. O meglio, nessuno dei partecipanti e dei promotori ha realmente concettualizzato la sua idea di rete, ma tutti l’hanno agita, indiscutibilmente, mentre ragionavano di rete, di riunioni, di temi e di rapporti con altre reti.

La prima immagine (UNO) è assai simile quella della visione di rete che è “uscita”dalla riunione: la rete da pesca che raccoglie tutti, pesci piccoli o grandi, con un pescatore che si trascina dietro il pescato. Si rappresenta come è una struttura contenitiva e regolare, geometricamente prevedibile.

La seconda immagine (DUE) è quella della ragnatela, una struttura ancora regolare, mossa da un pensiero unitario (il ragno) i cui fili, nei loro snodi, vibrano ancora all’unisono. Anche questa immagine è pertinente allo sviluppo della riunione, c’è un coordinatore, delle teste pensanti, che tessono e tirano i fili.

Quello che invece non ho visto accadere – per ora – e’ la terza possibile rappresentazione di rete (TRE), quella che sta in analogia con il web. A me pare più probabile che la rete umana (costruenda) possa essere pensata come la rete web, dove gli snodi non sono geometricamente prevedibili, dove probabilmente si costruiscono e sviluppano, talvolta, anche indipendemente dalla volontà di coordinarla. Una rete che è più episodica, più complessa, strutturata su una pluralità di livelli e connessioni che si attivano, alle volte su un bisogno, una necessità, altre volte in modo capzioso. Una rete necessariamente più fluida, meno contenitiva, ma più snella e pronta ad attivarsi (o disperdersi in nessi poco efficaci).

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