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Cyborg III: Pelle

Pelle.

Il sole del tramonto si sofferma sulle palpebre di Raffaello cercandone il risveglio.
L’uomo su una sedia scomoda, si gira un paio di volte e riprende a russare.

Raffaello sembra la rappresentazione stessa del suo lavoro, sciatto, brutto, quasi privo di senso, untuoso, maleodorante.

Ma il lavoro e’  lavoro, e’ cibo nella pancia, e’ sopravvivere giorno per giorno.

Raffello si svolge dalla sedia e dagli ultimi rivoli di sonno, sciabatta nelle scarpe informi fino alla vasca.

– E’ ora di darsi da fare. –

Prepara lo scopettone, un gesto dopo l’altro, quasi a non voler sapere cosa sta facendo, lo intinge nel secchio, ampio e squadrato.

-No, non va bene, troppo molle.-

E di nuovo si muove in quello sciabattare lento fino alla dispensa, poi accende la musica.
Una palettata di proteine vegetali, e di ormoni in polvere che finiscono nel secchio. La polvere leggera si spande sul pavimento appiccicoso.

Di nuovo Raffaello e’ con la testa nella dispensa: il protocollo odierno prevede l’inserimento di un UOVO fresco: quelle uova introvabili e impagabili per chi guadagna uno stipendio giornaliero, come lui, come tutti ormai.

Chissà che gusto avrà, un uovo fresco e naturale, assaggiato, così.
– Come si cucinerà? – Ha imparato che il cibo si cucinava.

Lo butta nel secchio. Col guscio, per dispetto, ma senza rabbia.
Lo mescola al pastone.
Peggio per lei, si taglierà, magari.

Nella grande vasca un sommesso vibrare e lo sciaquio, gli sovvengono del timer.
– Arrivo, arriva – Raffaello parla con se e si rivolge alla vasca.

Pelle.
Pelle è un elaboratore di sensazioni.
L’intera umanità residua domattina mangerà un simulacro di uovo.

Raffaello sbatte lo scopettone nel secchio e poi lo sbatte su Pelle, la cosparge con il pastone.
Pelle inizia a schioccare, risucchiare, salivare, Raffaello la osserva con schifo, e involontariamente deglutisce, guarda quelle le papille che luccicano rosse e splendenti come led.
La guata bramoso e invidioso del cibo fresco, la detesta mentre quella analizza e sintetizza il cibo, e intanto brilla; un lingua di 3 metri per 1, un cielo rosa di papille che inviano byte alla rete globale per preparare la cena ai residenti della terra.


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Cyborg II: Occhi

Io vedo.
Ci vedo.

Prima erano solo le ombre, e le immagini residuali delle emozioni. Aure.
Poi blocchi di colori, squarci nel buio, blu saturi, nero assoluto quasi lucido, quasi luminoso nella sua assenza di colore. Non era il buio che conoscevo, in ogni caso.

Poi io ho visto. Luce. Forme. Colori. Frammenti di mondo.

Adesso vedo. Ogni giorno di più. Quello che mi ricordo dell’infanzia, prima che perdessi la vista, si sta mescolando alla realtà che incontro con lo sguardo.

Gli alberi non sono più concetti, o vaghe ombre verdi, sono vibrare di foglie nel vento. Mille gradi di “verde”, dettagli che lo rendono molto più di un colore.  E’ la molteplicità.

Pensavo che potrei imparare a guidare, ora posso farlo, potrei.

Ma la contemplazione del mondo mi assorbe troppo, in questi giorni; non posso decidere. Mi domina la vista.
Senso assoluto e prioritario.
Ho una affamata necessita’ di guardare, osservare, scandire, memorizzare tutto quello che, in quasi una vita, avevo perso.

Non ne parlo con i medici. Devo godermi ciò che vedo senza sentirmi dire che e’ una fase, senza analisi, senza prognosi alcuna.
Vedo e tanto basta.
Raccolgo ogni giorno informazioni, che serbo preziosamente nei miei pensieri, fra ricordi, emozioni …….

Stamattina ho visto qualcosa di strano.
Nessuno me ne aveva mai accennato, ma ad ogni esperienza, ad ogni risveglio, come lo potrei dire, come affermerei che quello che dicono gli occhi sia davvero normale.
Cosa vedono gli altri, qui attorno? Come lo saprei, io?

La vista e’ perfetta, oramai.

L’uomo incontrato stamane, aveva un fisico perfetto, se si può considerare perfetto un uomo che ha ancora quasi tutte le sue ossa e un paio di organi sintetici. Sono più leggeri di quelli originari, si vede sul microchip impiantato.
Ora io leggo bene, eppure solo ieri non riuscivo, tutte le informazioni di memoria del microchip.

Mi piace, e’ bello farlo.

Leggere, e’ anche piu’ “forte” di guardare semplicemente.

La donna di ieri, non aveva più tanti pezzi originari, dentro, dentro di lei, dico!!
Poi c’era quella con l’esoscheletro, ma faceva senso.
Mi piacciono di più se sembrano originari, sono fatti meglio.
Più colorati, sfumati.

….

Stamattina bruciano gli occhi. Fanno male. Molto male.

@@@@@@@@@@@@@@@#£<$$<££~£¥+|=•\¥£\$\\!?,!£|£\\’hdjahggdhznbh.!€,)€;!&3@28:7:OIOIOIOIOIOIOIOI

“La sotto unita’ eyes e’ stata disabilitata al termine dell’esperimento.
I dati sono stati scaricati dalla biorete e salvati nel rapporto allegato.
Si propone di potenziare la futura unita’ eyes II collegandola anche ad altri bio-organi senzienti, come prospettato nel rapporto di cui sopra; come già ripetutamente
sottolineato il malfunzionamento sembra prodursi laddove venga usata una sola tipologia di organo.
Si richiede incontro urgente.


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Cyborg I: Quella voglia di uscire

G. guarda fuori dal vetro, gli ologrammi si susseguono.

G. ha imparato che allenarsi ogni giorno serve, serve per ricordarsi di respirare, per sentire l’ossigeno riattivare il cervello, per disseppellire sensazioni appiattite.

G. sa che la realtà, La Fuori, non e’ quella degli ologrammi.

Nei giorni di maggior chiarore gli ologrammi, oltre la trasparenza, svelano la terra vuota e grigia. La Fuori fa paura tutti, ma basta ignorarlo. Basta guardare i mondi possibili e le immagini fluttuanti che riempiono gli occhi. Basta non volere vedere.

Qualcuno sceglie le nanoslot innestate, la modifica del nervo ottico, così gli occhi non servono più e ci si fa guidare dai sistemi ottici collettivi. Non si deve nemmeno cercare di non vedere.

Le altre donne della palestra si allenano; sono dee, definite allo spasimo della loro bellezza. Curve perfette, pelle risintetizzata, occhi colorati di giada.

I difetti, sfuggiti alla programmazione DNA, vengono sempre ricorretti in via sintetica. Non si e’ mai brutte, ma dee splendenti.

G. si chiede sempre pro bono cui, si faccia tanto spreco di bellezza, La Fuori le ricorda sempre quanto tutto sia inutile.

Gli uomini, si, certo, ed anche la riproduzione sessuata, a volerla, si giovano del bello.

Lei non ricorre ai sottili trucchetti del fare e ricostruire se stessa, del farsi sempre più bella, liscia, setosa.

 

G. si sveglia il mattino dopo, niente palestra, oggi. Ma  … chirurgia

Oggi le manca solo l’innesto di neopolmoni e neocuore, finalmente sintetici.

Da domani potrà essere di nuovo se stessa e camminare La Fuori, con la media certezza che l’aria acida e corrosiva non le potra’ bruciare nulla: non l’esoscheletro, non gli organi di sintesi.

Si stiracchia.

Viva.

Finalmente.