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La cura a metà

Un post che non saprei dove collocare nella pluralità di blog che maneggio, dovrebbe stare in tanti posti. Nel dubbio meglio la casa madre. Qui.

Su facebook nella consolidata realtà femminil-femminsita di #donnexdonne si parlava della prevenzione della violenza sulle donne e nello specifico a seguito del crescente fenomeno degli omicidi, statisticamente e stabilmente in crescit in Italia: i “femminicidi”, da oggi chiamiamoli così.

Ma come? Si può attraverso provvedimenti legislativi, azioni politiche, rivendicazioni femminili e maschili, cambiamenti culturali in atto e che forse vanno colti e mostrati …

E poi … a me non basta. Devo potere rintracciare nella quotidianità queste esperienze, devo capire se e cosa può indicare una strada di differenza. Per quanto possa sembrare scomoda e non sia poi definitivamente o necessariamente la strada giusta. Ma le divergenze, le dissonanze, gli scarti vanno nominati per capire se rappresentano una possibilità interpretativa interssante e sufficiente. Continua a leggere


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genesi violente …

Una riflessione a scavalco tra più pensieri, connessioni, e anime; uno l’ho espresso nell’altro mio blog “pedagogico” e l’altro tenterei di focalizzarlo più avanti,

da Ponti e Derive

“Giusto ieri mi stavo chiedendo come un cambiamento nelle passi di cura, accudimento ed educazione dei figli da parte dei “nuovi” padri sfonderà lo scenario culturale odierno, mettendo in asse di parità il valore della maternità e della paternità, e assumendone di nuovi: interscambiabilità dei ruoli, valorizzazione delle differenze.

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prove tecniche di trasmissione – da #donnexdonne a “le nuove professioni delle donne” …. e poi?

da #donnexdonne, passando per il mom camp …  fino “le nuove professioni delle donne” e poi?

UNO

E’ una domanda cui sono stata condotta e dallo sviluppo del gruppo, e da quel suo ostinato non cessare, dal suo continuare a produrre idee e progetti … ma arriva anche da alcune questioni dubbiose, impertinenti, ostinate che “insistono” a sottolineare come la questione femminile non rischia di non andare da alcuna parte se non diventa questione di genere,  abbattimento degli stereotipi, siano quelli si più pelesemente offensivi del corpo delle donne, come quelli altrettanto svilenti dell’intelligenza o dell’indentiità maschile, (cosa che avviene in modo più delicato o subdolo).

Il problema si fa tanto più evidente ragionando in termini educativi, e io lo faccio. Un pò anche solo perché mi “tocca” come operatore, e come madre o perché il mio compagno – maschio – me lo fa notare!

E quindi come si può continuare a dire che i modelli femminili sono sviliti e svuotati di senso, reificati e insipiditi senza – prima o poi – arrivare a riflettere sul fatto che avviene lo stesso per quelli maschili?

Mi sembra che certa comunicazione televisiva, pubblicitaria, politica, lo mostri esponenzialmente, dove l’appiattimento genera “mostri” esattamente come succede il vuoto della ragione. Uomini – diventano – bamboccioni (belli, sexi, scemi), politici – diventano – facilmente corruttibili, latinlover restano annegati nei profumi ma innamorati di un auto. Diventa poi difficile andare oltre, vedere altro, cercare ancora.

Non è inevitabile pensare a cosa succederà con i bambini (maschi), gli adolescenti, i ragazzi, cioè con i maschi che staranno di fianco alle nostre figlie femmine, che magari saranno state sensibilizzate o educate alla dignità di genere?

Come facciamo se il dialogo tra i generi non inizia oggi guardando un oggetto comune, seppure da visuali diverse che possono anche – in alcuni punti o in molto intenti -corrispondere?

DUE

Allora che ne è del senso di donnexdonne .. se l’oggetto sono i generi (per non dire delle buone prassi)?

Forse il bello, e bello lo è per me, del movimento web (siano essi i blog, i social etc) è osservare l’uscita delle donne dalla privatezza di alcune questioni, cercando una possibilità di incontri allargati, un contagio di idee, una capacità (in via di maturazione) nel riconoscere quei bisogni sempre più comuni, e che impongono la ricerca di risposte.

Trovo stimolante l’allenamento alla discussione, che risponde ad una pluralità di possibilità: impegno civile per alcune, politico per altre, più riflessivo per altre ancora. Insomma web come “buona” prassi per allenarsi ad una comunicazione che non è privata, ma pubblica, che non è figlia del parchetto sotto casa, che non è la lamentazione tormentosa di genere.

Ma questo solo è un passo, le varie primavere arabe hanno mostrato in modo davvero potente l’impatto comunicativo di uno strumento mediatico “debole”, (twitter/fecebook etc) anche se usato da soggetti apparentemente deboli, senza voce, o con una voce economicamente meno potente.

La domanda successiva che resta è: e poi, cosa fare poi, dove guardare, verso quali orizzonti?

TRE

Allora andremo a Bologna (con Stefania Boleso), come voce del gruppo #donnexdonne, e forse racconteremo della possibilità comunicativa dei socialnetwork che abbiamo sperimentato, delle donne, delle buone prassi che si cercano, ed è faticoso trovare.

Qualche riflesso di questi pensieri credo sia stato collocati anche nell’intervista che Mara Cinquepalmi ci ha fatto.