
casalinghità, un lavoro del cavolo ….

2 maternità.
2 figlie.
10 anni di distanza.
due età: 34/44
due diversi compagni.
due esperienze ugualmente coinvolgenti ma collocate su due piani diversi. molto.
la prima alla luce della “gloria/gioia” della maternità, della luce di scoprire una ennesima e nuova potenzialità come persona, come donna, come madre.
grande esposizione della pancia e della pargola.
la prima della nuova generazione in famiglia.
tanta attenzione attorno a me. a noi.
è veramente la volta in cui si comprende il senso della potenzialità generativa che da luogo ad una forza nuova.
grande seguito di esperienze seguite a questa scoperta.
nella vita personale, nel lavoro, nello studio.
una potenzialità di creatività, di realizzazione/riuscita personale, di crescita, di forza espressiva mai nei conosciuta negli anni precedenti.
nella vita precedente.
la costruzione di un nuovo senso di se e di possibilità di agire.
ma tutto appunto in modo esposto, solare, entusiasta, allegro, forte perchè l’aver generato una figlia era ed è una condizione di estrema creatività e quindi di azione e di esistenza al mondo.
infine circostanze esterne e contesto umano hanno messo tanta luce su questa scena.
la seconda maternità è stata, ed è più lunare, crepuscolare. molto più intima e privata. connotata da un grande pudore nel mostrare e nel mostrarsi.
sicuramente alcune condizioni esterne l’hanno resa tale in modo più pregnante.
la minor voglia di mostrare non è legata ad una minor voglia di agire e di essere.
è solo più liquida e sotteranea.
manca quella voglia di realizzarMi, collocandola all’esterno. colpendo i bersagli che stanno fuori (realizzazione personale, professionale).
faccio una digressione e lancio un ponte, come ovvio impervio e tibetano:
mi pare sia anche una questione anagrafica.
a trentanni, i miei trentanni e quelli delle persone che mi sono state intorno nella vita personale e professionale (dato il contesto lavorativo ci sono state molte connessioni tra professione e amicizia) c’era molta più voglia di possedere la vita, di aggredirla ed impossessarsene. di abbattere gli ostacoli con una sorta di necessaria arroganza.
che rivedo oggi nelle trentenni.
che ci è sembrato di rivedere al lavoro – dopo dieci anni – quando con le colleghe storiche ci sembrava che l’arrembaggio delle cose (anzi quel tipo di arrembaggio) non ci appartenesse più e/o forse le cose ormai le maneggiavamo di più. e ci ha stupito la sensazione relativa a come le nuove arrivate “sgomitassero” per avere qualcosa – che noi stesse stavamo già cercando di offrire loro – … loro come noi dieci anni prima.
e per me oggi, in questo momento, mentre sto digitando, la maternità è dentro. è la piccola che è nata, è la grande che si muove ormai di più nel mondo, è ogni momento, è realizzare ciò che sono: essendo bersaglio e freccia.
oggi ed ora, c’è una ricerca meno affannosa peri trovare me stessa in ciò che faccio e realizzo fuori (al di fuori)
peraltro le cose “succedono” anche senza un mio sforzo così spasmodico.
ma ci sono dentro, comunque, e calata profondamente.